Da più parti si è detto che la poltrona del sottosegretario Giuseppe Castiglione “scricchiola”: noi siamo sempre stati convinti del contrario. Quella di Castiglione non solo non è una poltrona che scricchiola, ma è una poltrona ben salda a terra.
Alla Camera di ieri sono state discusse le sue dimissioni, ma il risultato era scontato: Castiglione non si tocca! A ben poca cosa sono valse tre mozioni di sfiducia, quella di Sel, della Lega e dei Cinque stelle, perché indagato per turbativa d’asta sulla vicenda del Cara di Mineo: l’ordine del premier è stato un secco “no”, e il PD per questo “caso” fa quadrato. Tutte respinte le tre mozioni: alla mozione dei grillini i “sì” sono stati 108, i “no” 304 e 2 astenuti; la mozione di Sel è stata respinta con 92 “sì” e 303 “no”, quella della Lega con 86 “sì” e 306 no. Vuoti i banchi del governo, un solo ministro presente: Angelino Alfano, ad assistere al salvataggio del suo referente siciliano. “Castiglione (hanno affermato in molti) è Alfano. E se salta a quel punto salta Ncd, nel senso che si sfaldano i gruppi e il governo non ha più certezza dei numeri”.
Per i Dem “Saranno i processi, che speriamo vengano celebrati presto, a stabilire le responsabilità. Per noi un avviso di garanzia è un atto dovuto, non è una condanna e come tale va trattato”.
Dato per scontato il risultato, le opposizioni non hanno altri strumenti e non possono che affidarsi all’azione della magistratura.
Eppure elementi per “pretendere” le dimissioni ce ne sono tanti, come ha evidenziato il quotidiano Huffington Post: “Il peso del caso è tutto nel peso del silenzio di Alfano…”.
La “carta vincente” del sottosegretario Giuseppe Castiglione? Si chiama Pino Firrarello, ed è suo suocero. E’ in declino (anche per un fatto anagrafico) l’ex senatore, l’ex sindaco (eccetera) Pino Firrarello, ma ancora oggi riesce a tenere compatta la tela del suo (ex) impero politico. Firrarello non sa (per quel che ci risulta) giocare a scacchi, ma conosce quali siano le pedine da muovere, le mosse che vanno fatte e i “trasformismi” che vanno adottati. Quella di Firrarello è una scuola antica, quella che portava l’emblema della Democrazia Cristiana, quella DC di altri tempi che i giovani non conoscono e non possono riuscire a immaginare. Quella Dc basata sui “sistemi” trasversali e sul clientelismo. E’ Pino Firrarello il “salvagente” di Giuseppe Castiglione e non Alfano, che viene in seconda battuta. I consensi elettorali in Sicilia ad Alfano, infatti, li porta principalmente Firrarello.
Individuata la fonte primaria di una forza che non si arrugginisce e resiste al tempo, per lo svolgersi degli avvenimenti che riguardano il sottosegretario Giuseppe Castiglione dobbiamo affidarci alla “ricostruzione” che ha fatto l’impareggiabile Huffington Post, un giornale che dovrebbe essere posto a disposizione di tutte le scuole d’Italia affinché i giovani apprendano ciò che pochi sono disposti a raccontare loro.
Ecco cosa dice Huffington Post:
“Il sistema Castiglione Si parte dal “sistema Castiglione”. Un sistema che nasce nel 2011, quando al governo c’era ancora Berlusconi, e ministri erano Maroni all’Interno e Alfano alla Giustizia. Nell’ambito della gestione dei profughi a Mineo viene stabilito un modello “unico” rispetto al resto d’Italia. Mentre infatti in tutti i Cara italiani (Bari, Crotone) il soggetto attuatore è il viceprefetto vicario del capoluogo di Regione – dunque un funzionario del governo – a Mineo viene indicato non il viceprefetto di Palermo ma il presidente della provincia di Catania. E cioè Castiglione, braccio destro (e sinistro) di Alfano in Sicilia e presidente dell’Upi (unione province italiane) ruolo che gli consente di indicare Odevaine al tavolo del ministero che gestisce i flussi dei profughi.
L’unicum prosegue anche successivamente. Perché Castiglione resta “soggetto attuatore” anche quando non ricopre più la carica di presidente della Provincia, in una fase di transizione. Fase in cui si procede per affidamenti diretti a quelle imprese, come “La Cascina global service”, che poi si ritrovano nell’inchiesta di Mafia Capitale e i cui manager sono finiti in carcere.
La terza tappa del “sistema” Castiglione, esempio di come a Mineo le regole si piegano al potere, è quando si arriva alla Gara d’Appalto di 100 milioni. Anche in questo caso un unicum, rispetto al resto d’Italia. Nel feudo siciliano del partito del ministro dell’Interno, dove raggiunge percentuali del 40 per cento un partito che su scala nazionale prende il tre per cento, accade questo: mentre in tutti i Cara d’Italia le gare d’Appalto le indice la prefettura, a Mineo viene inventato un nuovo soggetto istituzionale, il Consorzio Calatino Terre di Accoglienza, un consorzio dei comuni della zona. E viene stabilito un regime di “convenzione” della prefettura col Consorzio per la gara d’appalto. E questo è uno snodo cruciale nel business. Perché la convenzione, ad esempio, prevede un costo per lo Stato. Nella convenzione è previsto che il Consorzio riceva 40 centesimi al giorno ad immigrato (dallo Stato, ovviamente senza gara) il che in tre anni corrisponde a una cifra attorno al milione e mezzo di euro, su cui la Corte dei Conti ha sollevato più di un interrogativo. Perché è chiaro che il sistema della “convenzione” determina un incremento dei costi per la pubblica amministrazione.
Prima ancora che penale è tutta politica la responsabilità di Castiglione che a fronte di un fiume di denaro che arriva sul Cara di Mineo non ha mai risposto sul fatto che numerose inchieste giornalistiche (e non solo) hanno documentato che gli immigrati, di fatto, si trovano in una fogna.”.
Cos’altro si dovrebbe aggiungere?
Salvo sei la memoria storica della nostra Sicilia, ogni articolo scritto da te è “oro colato” un abbraccio.